Dopo lunghe due settimane di intensi dibattiti e trattative, la Conferenza delle Parti che si è tenuta a Baku ha finalmente raggiunto un’importante intesa sull’incremento degli aiuti climatici destinati ai paesi in via di sviluppo. Un tema cruciale, che ha tenuto banco, visto che si passerà dai 100 miliardi di dollari annuali stabiliti dall’Accordo di Parigi, a ben 300 miliardi entro il 2035. Ma non è solo questo l’aspetto significativo emerso da Baku; è stata introdotta, infatti, un’infrastruttura innovativa rappresentata da un mercato internazionale del carbonio, il che consentirà agli stati di investire in varie iniziative di decarbonizzazione. Scopriamo insieme, nel dettaglio, cosa è accaduto durante queste giornate di confronto.
Durante le negoziazioni si è giunti a un accordo chiave che prevede un incremento sostanziale degli aiuti in ambito climatico. Già, ma come? La bozza presentata venerdì dalla presidenza azera proponeva che i paesi sviluppati si impegnassero a destinare 250 miliardi di dollari annui ai paesi in via di sviluppo entro il 2035, con l’intento di finanziare programmi per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Tuttavia, questi numeri sono stati percepiti come insufficienti dai rappresentanti dei paesi emergenti e in via di sviluppo, che facevano parte del G77 + Cina. Questi gruppi chiedevano, infatti, una cifra che arrivasse a ben 1.300 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2025, focalizzandosi maggiormente su contributi pubblici a fondo perduto.
Il clima di tensione e di scetticismo si stava diffondendo, alimentato dalle aspettative elevate da parte dei paesi meno sviluppati. Sabato, dopo un serrato confronto, le nazioni sviluppate hanno infine aumentato l’offerta sino a toccare i 300 miliardi. Anche se questo numero sembrava avvicinarsi alle richieste dei paesi in via di sviluppo, la strada non era del tutto spianata: questi ultimi volevano di più, almeno 500 miliardi. E questo non rendeva la discussione meno aspra. Alcuni gruppi, tra i quali i paesi meno sviluppati e le piccole isole, hanno mostrato dei segnali di protesta, addirittura minacciando di bloccare qualsiasi progresso. Ma, superate le due di notte, l’aggiustamento finale è avvenuto.
Il mercato internazionale del carbonio: nuove opportunità
Con il passaggio di questo accordo, Baku ha visto anche l’approvazione di un mercato internazionale del carbonio, un progetto che giaceva su carta da tempo immemorabile e che ora trova finalmente una sua operatività concreta. Questo mercato, delineato dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, permetterà agli stati di investire in soluzioni di decarbonizzazione all’estero. In parole povere, un paese avrà la facoltà di finanziare progetti di riforestazione o altre iniziative di riduzione delle emissioni di carbonio in un altro stato. Magari un paese sviluppato potrebbe contribuire finanziariamente nel regno di un paese emergente, contribuendo a quell’obiettivo comune di abbattimento delle emissioni inquinanti.
Questo sistema fungerà come un meccanismo di contabilizzazione delle emissioni, nel senso che le diminuzioni ottenute attraverso i progetti internazionali saranno conteggiate come riduzioni anche per il paese che ha effettuato l’investimento. Ed è tutto gestito dall’agenzia dell’Onu per il clima, la Unfccc, per cui la supervisione rimarrà in mani esperte e qualificate. Questo innovativo approccio potrebbe aprire la strada a un incremento notevole di progetti ecologici e sostenibili e rappresenta un passo avanti significativo verso la cooperazione internazionale in un tema così delicato e cruciale.
La diplomazia climatica: un processo complesso
Le dinamiche diplomatiche, come è evidente, hanno tenuto in scacco l’intero processo. L’Arabia Saudita, uno dei principali attori in questa scena, ha mostrato segnali di soddisfazione, dal momento che l’intesa non incrementa gli impegni di decarbonizzazione già stabiliti durante la precedente Cop28 a Dubai. La fiammata diplomatica è continuata, e la Ue ha dovuto cedere su alcuni temi spinosi, inclusi diritti umani e diritti delle donne, menzionati in un modo piuttosto generico. Questo ha suscitato un acceso dibattito tra i partecipanti.
Il documento finale, però, pur con delle cacce e delle contraddizioni, mette nero su bianco alcune linee chiave: un invito a raggiungere quegli ambiziosi 1.300 miliardi di dollari all’anno per il 2035 è presente, così come una Roadmap che condurrà alla prossima Cop30 che si svolgerà a Belem, in Brasile. Sarà un viaggio da Baku a Belem, favoleggiando di una cooperazione internazionale che, anche se intricata e complicata, sembra determinata a trovare cammini verso soluzioni sostenibili.
In sostanza, la Cop29 ha tracciato un percorso, seppur stravagante e complesso, all’interno delle sfide climatiche globali. I progressi sono lenti ma, con iniziative come il mercato del carbonio, potrebbe profilarsi un futuro non così distante, dove le azioni concrete si uniscono a una cooperazione planetaria.