
Si può vivere senza plastica? Un esperimento da 7 giorni - Quotidianoarte.it
Si può vivere senza plastica? Per 7 giorni, in questo esperimento, si è fatto a meno di tutti i prodotti in plastica più comuni.
Viviamo in un’epoca dominata dalla presenza pervasiva della plastica: dagli imballaggi alle bottiglie, dai cosmetici agli elettrodomestici, fino ai tessuti. Ma cosa accade davvero quando si decide di rinunciare completamente a questo materiale, anche solo per un breve periodo?
Ho deciso di mettermi alla prova con una sfida personale: vivere per 7 giorni senza utilizzare plastica nuova, monouso o usa-e-getta. Ecco il racconto dettagliato di questa esperienza che ha rivelato luci e ombre di un mondo ancora fortemente legato al consumo di plastica.
La sfida della settimana senza plastica: dall’entusiasmo alle difficoltà quotidiane
Il primo giorno è stato caratterizzato da un forte entusiasmo. La spesa al mercato è stata fatta con borse di tela, privilegiando frutta e verdura sfuse e acquistando il pane in sacchetti di carta. Ho portato con me barattoli di vetro per acquistare legumi alla rinfusa. Tuttavia, la prima grande difficoltà si è presentata subito: non sono riuscita a trovare latte o yogurt privi di imballaggi in plastica. Questa constatazione ha messo in luce come molte scelte alimentari siano ancora fuori dal controllo del consumatore attento e sostenibile. Nei giorni successivi, la frustrazione ha cominciato a farsi sentire, soprattutto per quanto riguarda gli articoli per l’igiene personale.
Spazzolini, dentifricio, saponi liquidi, shampoo e rasoi sono quasi esclusivamente confezionati in plastica. Ho dovuto optare per alternative più sostenibili, come lo shampoo solido, saponi artigianali e dentifrici in pastiglie, disponibili in negozi specializzati come le bioprofumerie. Mi ha sorpreso inoltre scoprire che persino la carta igienica è avvolta in involucri di plastica, un dettaglio spesso ignorato ma significativo nella lotta contro l’uso di questo materiale. Uno degli ostacoli più evidenti è emerso durante gli incontri sociali. Un semplice caffè al bar significava riceverlo in un bicchierino di plastica; una cena con amici comportava l’uso di posate monouso.
Per superare questo problema, ho iniziato a portare con me un kit “zero waste” composto da una borraccia, posate in bambù e contenitori riutilizzabili. Questo approccio ha suscitato reazioni curiose, ma anche interesse e domande da parte di chi mi stava intorno, dimostrando che la sensibilità verso il tema è in crescita. La crisi si è fatta sentire soprattutto il sesto giorno, quando la voglia di snack e comodità ha messo a dura prova la mia determinazione. Ogni prodotto confezionato presentava plastica, rendendo difficile trovare alternative pratiche. Ho scelto nocciole e frutta secca sfuse, ma la tentazione della praticità immediata è stata forte. Questo momento ha evidenziato quanto la plastica sia diventata sinonimo di comodità e rapidità nel quotidiano.

Al termine della settimana, sono riuscita a evitare l’uso di plastica nuova nel 90% dei casi. Questo ha comportato una significativa riduzione dei rifiuti prodotti, ma anche maggiori costi e tempi più lunghi per ogni scelta quotidiana. Ho scoperto realtà locali impegnate nella sostenibilità e alternative valide, che spesso richiedono però una buona dose di impegno e creatività. L’esperienza ha insegnato che la plastica è ovunque, spesso in modo insospettabile, e che il vero cambiamento parte da una buona organizzazione personale.
Non è necessario essere perfetti, ma è fondamentale diventare più consapevoli delle proprie scelte e del loro impatto ambientale. La sfida di vivere senza plastica, seppur impegnativa, non è impossibile: richiede determinazione, pazienza e una certa testardaggine. Questi giorni hanno rappresentato un’occasione per riflettere sul nostro rapporto quotidiano con la plastica e su quanto sia importante adottare uno stile di vita più sostenibile, anche attraverso piccoli gesti che, sommati, possono fare la differenza.