Il tragico evento che ha scosso il quartiere di Corvetto ha portato alla luce sentimenti di tristezza e protesta. I familiari e amici di Ramy Elgaml hanno scelto di commemorarlo in modo pacifico, ma non privo di tensione. Quello che è accaduto è un racconto triste e allo stesso tempo emblematico di una comunità che cerca giustizia dopo la morte di un giovane promettente.
Il silenzio pesante sotto casa di Ramy
Ieri, come molte persone hanno affollato le strade di Corvetto per un corteo silenzioso dedicato a Ramy, i suoi genitori hanno deciso di non unirsi alla protesta. A partire dalle 19.15, il corteo si è snodato da piazza Gabrio Rosa, seguendo un tragitto che avrebbe condotto i manifestanti proprio davanti al palazzo dove il giovane viveva. Una nebbia densa e gelida avvolgeva la zona, rendendo l’atmosfera ancora più cupa. Tra i partecipanti c’era la sua fidanzata Neda Khaled, che, insieme ad altre cinquecento persone, ha percorso il breve cammino di trecento metri in un silenzio abbastanza rispettoso. Soltanto un breve applauso è stato udito davanti al palazzo, un gesto semplice che tradiva un carico emotivo complesso.
Tuttavia, il clima del corteo non doveva trasformarsi in disordini. Un’amica di Ramy, munito di un megafono, ha lanciato un avviso chiaro a tutti i presenti. “Chi intende trasformare questo evento pacifico in qualcosa di violento può andarsene subito, qui non è ben accetto,” ha sottolineato, cercando di mantenere la sobrietà e la dignità del momento. Questo è un chiaro segnale che il gruppo non voleva ripetere le esperienze traumatiche di altre manifestazioni, dove violenze e distruzione avevano preso il sopravvento.
Un corteo per la giustizia
La manifestazione ha preso avvio fin da subito, con striscioni e cori che chiedevano “Verità e giustizia per Ramy e Fares.” Tra i partecipanti, alcuni giovani indossavano magliette nere e capucci, simboleggiando una certa affiliazione, ma il messaggio di questa protesta era netto: non c’era spazio per la violenza né per le rappresaglie. Mentre il corteo avanzava, molti partecipanti si sono uniti a mamme nordafricane e figli di seconda generazione, intonando frasi in arabo e creando un’atmosfera di unità e solidarietà.
In prima fila, si poteva notare anche la figura della consigliera regionale del Pd, Carmela Rozza, che ha espresso la sua vicinanza al gruppo. “Non si possono giudicare i quartieri popolari se non si conoscono,” ha detto nel tentativo di promuovere una maggiore comprensione e una trasformazione della rabbia in “energia positiva per cambiare le cose.” Durante il percorso, il corteo ha fatto una sosta significativa in piazzale Ferrara per lasciare due lanterne azzurre volare nel cielo, simbolo di speranza e memoria.
Ali, un’esponente dei Giovani palestinesi d’Italia, è intervenuta durante la manifestazione, criticando la risposta del Governo Meloni che prevede l’invio di più forze dell’ordine. Ha parlato di una “risposta collettiva a una vita di ingiustizia,” dipingendo il contesto della protesta come un epilogo comune. L’atteggiamento, protratto in questa direzione, ha messo in luce la delicata interazione tra comunità e istituzioni, piuttosto complessa in un periodo di crescente tensione sociale.
I risvolti giudiziari e la ricerca di verità
Mentre il corteo si snodava, la procura stava continuando le indagini per chiarire le circostanze tragiche in cui ha perso la vita Ramy. Bouzidi, l’amico ventiduenne alla guida del TMax, e un vicebrigadiere che ha assistito all’incidente, sono attualmente indagati. Dopo aver subito un accidente e un intervento chirurgico al volto, Bouzidi è stato dimesso dall’ospedale e le ultime notizie sembrano rivelare una serie di sviluppi legali in corso. Tuttavia, le indagini attuali non hanno trovato prove a sostegno della tesi dell’omissione di soccorso da parte delle forze dell’ordine.
Le camere di sorveglianza non hanno fornito ulteriori chiarimenti sull’incidente e i dettagli rimangono incerti. Le perizie tecniche potrebbero, nei prossimi giorni, dare risposte più chiare sull’eventuale contatto tra il motoveicolo e il veicolo della polizia. La comunità, nel frattempo, continua a cercare risposte cercando di trovare un senso in una tragedia complessa che ha scosso molti.
In mezzo al percorso, una cassa ha rilasciato preghiere islamiche, intersecando le vite delle persone lungo il cammino. La fila ha proseguito lungo via Quaranta, fino al punto fatale dell’impatto, di fronte a un distributore di benzina. Gli amici e Neda, in prima linea, hanno versato lacrime vicine a mazzi di fiori, mentre i cori per Ramy e Fares risuonavano nel vento. “Giustizia, giustizia” è l’urlo che ha riempito l’aria, dimostrando quanto profonda sia la ferita e quanto forte sia il desiderio di ottenere risposte e verità.