L’attesa per la Biennale Arte di Venezia è palpabile, con l’evento che si concluderà il 24 novembre 2024. Il titolo “Stranieri Ovunque”, ispirato all’opera di Claire Fontaine, richiama temi di estraneità e un approccio fresco, lontano dai soliti centri di potere. Questo contesto stimola non solo l’arte, ma anche le ipotesi su chi sarà il prossimo direttore della rassegna nel 2026, un argomento di grande discussione tra gli appassionati e i professionisti del settore. Con voci che si inseguono, è tempo di esplorare i possibili candidati.
Mentre la manifestazione si avvicina alla sua conclusione, il futuro della Biennale Arte è al centro di una frenetica corsa a scommettere sul nuovo direttore. Con il presidente Pietrangelo Buttafuoco, scrittore ed esperto culturale, che guida il cambiamento, le aspettative sono elevate. La maggior parte dei gossip afferma che il futuro direttore sarà italiano, un indizio che potrebbe essere visto come un modo per sostenere e fare brillare il nostro Paese in un contesto internazionale.
Però, sebbene le indicazioni parlino di un capo nostrano, ci sono anche chiacchiere sulla possibilità di un nome straniero, aprendo così a scenari imprevedibili. Non si tratta solamente di un cambio di leadership, ma di arrestare un’era e iniziarne un’altra. In questo senso, il nuovo direttore dovrà muoversi con grande sicurezza, in grado di attrarre le risorse economiche necessarie per un evento monumentale come la Biennale. Infatti, la rassegna ha sempre avuto bisogno di un sostegno pubblico e privato. Quindi, in una sorta di inquietante danza, ci si chiede chi possa calibrare tutto ciò.
Vincenzo de Bellis: da Art Basel a Venezia?
Parlando delle possibili scelte, un nome spicca chiaramente: Vincenzo de Bellis. Nato nel 1977 a Castellana Grotte, la sua carriera è stata costellata di successi brillanti e posizioni di spicco. Ha co-fondato lo spazio innovativo Peep-Hole a Milano e ha guidato miart, di fatto riportandola a un livello di eccellenza mai raggiunto prima. Ma la sua carriera non si è fermata qui: ha anche curato il Walker Art Center di Minneapolis e adesso è alla guida delle piattaforme espositive di Art Basel, la fiera d’arte contemporanea di riferimento.
Eppure, nel passaggio tra Art Basel e la Biennale, ci sono delle questioni spinose da considerare. È un po’ come passare da un club di calcio d’élite a ricoprire un ruolo in nazionale. È inevitabile interrogarsi se de Bellis possa o voglia lasciare la sua attuale posizione per un’altra avventura, quella della Biennale. La continuità tra le due manifestazioni è talmente sottile che un legame diretto rischia di confondere le acque e generare interrogativi su come queste due realtà possano coesistere. Già nel passato un direttore come Pedrosa aveva raccolto e composto il suo percorso da Art Basel, quindi questo legame sottile continua ad aleggiare.
Carolyn Christov-Bakargiev: da documenta a Venezia
Un altro nome di spicco oggi citato è Carolyn Christov-Bakargiev, una figura iconica nel panorama dell’arte. Originaria degli Stati Uniti, ma con una storia d’amore con l’Italia, Carolyn è stata una delle donne più influenti nel campo. Con esperienze a dir poco eccezionali, ha curato mostre in tutto il mondo, come la documenta di Kassel del 2012 che ha stupito la scena artistica.
Con un background di lungo corso, ha maturato una profonda conoscenza della Biennale. Era direttrice del Castello di Rivoli e ha recentemente curato una mostra sull’Arte Povera a Parigi, il che la colloca in una posizione di forza. Tuttavia, Venezia è un mondo a parte, con dinamiche uniche che richiedono una sensibilità particolare. Perciò, nonostante il suo curriculum decantato, molti si chiedono se sia davvero pronta ad affrontare le complessità e le esigenze della Biennale. La sua candidatura potrebbe rischiare di esporre a tensioni fra la tradizione di Venezia e la sua visione personale, ma probabilmente è anche questo il bello dell’arte.
Arturo Galansino: l’uomo dei numeri
Un terzo candidato, che resiste sotto i riflettori, è Arturo Galansino. Direttore generale della fondazione Palazzo Strozzi dal 2015, ha messo insieme una carriera eccellente. La sua esperienza si è dipanata fra vari ruoli, incluso il Musée du Louvre e la National Gallery di Londra, avendo una conoscenza inevitabile del settore. La sua notorietà deriva da mostre avvincenti che attirano un pubblico vasto, portando artisti come Jeff Koons e Olafur Eliasson sotto le luci della ribalta.
Quindi, il suo passaggio alla Biennale sarebbe un passo audace, un’avventura completamente nuova da affrontare. Anche in questo caso, le voci lo collocano tra i candidati più accreditati. La sua abilità nella comunicazione e nella gestione dei numeri potrebbe rivelarsi un vantaggio. Così, mentre il 2026 si avvicina, il mondo dell’arte attende con fervore di vedere chi avrà l’onore di guidare la Biennale. Chissà, forse potremmo trovarci davanti a un nome inaspettato che cambierà le regole del gioco!